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E morta la Poesia?

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La poesia che in passato era composta in metrica e rima, è stata volutamente - a partire dagli esordi del secolo scorso, in particolare durante e dopo le due guerre mondiali - avviata verso una forma di scrittura prosaica. Unica invariante, ma non sempre, l'andata a capo come a mimare una sorta di metrica o rima, ovvero uno stile poetico cadenzato come per gli antichi greci e latini.  

 

...“Per gli antichi le cose andavano diversamente. L'accento tonico della parola e la durata delle sillabe costituivano due aspetti coesistenti e autonomi. L'accento tonico, che poteva cadere sia su sillabe lunghe che su sillabe brevi, doveva essere fatto sentire con un innalzamento dell'intonazione vocalica sulla sillaba accentata, che pertanto risultava più acuta rispetto alle sillabe non accentate. Questo doveva accadere sia nel parlare quotidiano che nella recitazione poetica.

Dovremo quindi concludere che per gli antichi la lettura di un brano poetico non comportava nessuna difformità rispetto ad una normale lettura, né nella pronuncia di chi recitava né nella percezione dell'ascoltatore. La ritmicità della recitazione era l'inevitabile risultato dell'alternarsi regolare di sillabe lunghe e brevi che costituivano il testo poetico.

L'abilità del poeta consisteva dunque nel produrre un testo significativo, espressivo e nello stesso tempo costituito da una successione di sillabe lunghe e brevi coerente con lo schema metrico di volta in volta prescelto. Le lingue classiche, sia il Greco che il Latino, si differenziano dalle nostre lingue, oltre che per molti altri aspetti, in particolare per il fatto di distinguere consapevolmente, nell'ambito delle parole, sillabe brevi e sillabe lunghe. Come dire che le singole sillabe hanno una durata che di volta in volta è determinata da vari fattori: la durata della vocale che costituisce la sillaba, il fatto che si tratti di sillaba aperta o chiusa, terminante cioè in vocale o consonante, ecc…. Quello che importa è il fatto che ogni parola è costituita da una sequenza di sillabe, ciascuna delle quali è lunga o breve. In una normale sequenza di parole, quale potrebbe essere un qualsiasi brano in prosa, il susseguirsi di sillabe lunghe e brevi è inevitabilmente irregolare, con la conseguenza che la lettura di un brano in prosa non dà come risultato nessuna percezione di ritmicità.

Diverso il discorso per la poesia, che proprio in questo si distingue dalla prosa: la successione di sillabe lunghe e brevi deve presentare una qualche regolarità, tale da garantire la ritmicità della lettura di un brano poetico. Per metrica si intende appunto lo studio sistematico dei ritmi della poesia, determinati da una successione regolare di sillabe lunghe e di sillabe brevi. Da queste premesse risulta chiara la peculiarità della poesia classica rispetto alle nostre più recenti forme di poesia, la cui musicalità è determinata dalla presenza della rima, o dal susseguirsi di versi caratterizzati da un identico numero di sillabe o dalla collocazione degli accenti tonici della parola su sillabe prestabilite.

È per questo che si parla di poesia quantitativa e accentuativa per indicare rispettivamente la poesia classica e le altre forme di poesia”... Tratto da”Metrica greca e latina”. 

 

Da Dante e dal Dolce Stil Novo (1200) in poi c’è una sostanziale evoluzione del linguaggio poetico che avrà conseguenze anche sul linguaggio successivo.

Ad esempio, la rima " incatenata " (ABA BCB CDC …) si ha nelle terzine dantesche (schema usato da Dante nella Divina Commedia) così come su “La riva del Serchio, a Selvapiana” di Giovanni Pascoli o anche in Pier Paolo Pasolini ne "Le ceneri di Gramsci", con connotazione alquanto diversa e più popolana (metrica e rima non sempre vengono rispettate).

Dopo l’Ermetismo del 1900, in cui il poeta si chiuse in sé stesso, naufrago da un mondo squassato da conflitti e senza apparente redenzione, si diventò inclini a perseguire nuove forme e sperimentazioni artistiche in tutti i campi delle Arti.

Prima e dopo la  Grande Guerra,  c’è stata una riscossa in tutti gli ambiti artistici, un desiderio di rinnovamento,  la rottura dei preesistenti schemi.

Al giorno d'oggi imperversa l’uso o abuso di nuovi stilemi: haiku (è un componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo, composto in genere da tre versi), aritmie del verso, parole a volte senza senso buttate là per sorprendere e stupire il fruitore della poesia, non per rappresentare un’emozione.

Nell'epoca digitale, ci si sente quasi obbligati ad usare frasi brevi, un gergo conciso e stringato.

L’aforisma è molto in voga, anche se non sempre nel linguaggio comune che si lascia spesso andare a contrazioni linguistiche, nel gergo telefonico abbreviato, costituite da “xchè” o “ke”.

Si brucia tutto in fretta: amore o poesia, poco importa! Quest’ultima viene avvertita sostanzialmente come malinconia, una forma di tristezza, sgradita ai più, giovani o meno giovani.

In quest’epoca di sfrenato edonismo, in cui si cerca di rimuovere ogni sofferenza distogliendo lo sguardo da ciò che non ci appaga, è importante consumare tutto in fretta dal sesso alla lettura, dai sentimenti alla pratica di vita.

La poesia, quella vera, risulta troppo impegnativa, rendendo le persone più riflessive e tristi, anche quando canta la gioia che, però, non vibra più tra le pieghe di anime ormai anestetizzate.

E’ morta dunque la Poesia? Eppure c’è, oggi più che mai, una proliferazione di poeti, veri o sedicenti. Evidentemente, è innato nell’uomo quel sentimento di natura e di bellezza con tutti i suoi fardelli di sofferenza, che induce a riflettere sul proprio destino e a cercare un riscatto anche attraverso il dolore.

 

 

 Franca Colozzo - 07/03/2018 12:00:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

@Ferdinando Battaglia. Concordo con te in linea di massima, tant’è che anch’io non scrivo quasi mai in rima: non è né facile né da tutti in quanto occorre uno studio a monte, come giustamente ha sottolineato Salvatore Santoro, che ha presenziato diversi concorsi letterari. Quest’ultimo, infatti, in un suo commento mi ha scritto che: "E’ chiaro che chi non ha pratica di rima e metrica ha anche un modo di leggere una poesia avulsa dal ritmo. Io sconsiglio di partecipare a Bandi Letterari con poesie in rima che non osservano le regole della metrica (accenti, ritmi e e tempi). Se in Giuria c’è una persona competente, una lirica, pur se bella nei contenuti, rischia di essere penalizzata. Quindi piuttosto che sforzarsi a scrivere in versi è meglio scrivere in rima libera e si rischia molto meno...".
Dal canto mio, non ho sostenuto affatto "sic et simpliciter" la morte della poesia solo perché non si usa una qualche forma metrica, ma ho espresso il mio pensiero in maniera dubbiosa, come interrogazione e non come asserzione. Leggendo, poi, alcune poesie sul sito mi sono resa conto che, essendo quasi prose scarnificate, non presentano assolutamente quella veste poetica da te sapientemente descritta. A volte sono tentativi, volutamente di rottura o di emulazione, come ad esempio il mio componimento: "Immagini di pensieri" sotto forma calligrafica, come mi ha fatto sottilmente notare Antonio Terracciano, e che io ho scritto senza in verità saperlo, seppur di getto così come mi dettavano i miei pensieri.
Anch’io tratto essenzialmente temi sociali, non riferendomi quindi solo al mio mondo interiore ed emotivo, ma proiettandomi verso il nostro mondo contemporaneo assai problematico. Di qui nasce la mia ultima silloge in fieri che non emula per nulla né ritmo né contenuti della poesia classica, cui siamo tutti riconoscenti per aver arricchito il nostro grande patrimonio culturale. Certo Dante fu un innovatore, come tutto il movimento del "Dolce Stil Novo". Soprattutto a Dante, Petrarca e Boccaccio dobbiamo la trasformazione della lingua italiana che - a partire dal latino erudito (1200-1350), ultimo periodo della letteratura latina del Medio Evo - ha, in Francesco d’Assisi a Dante, due esponenti eccelsi di quel periodo sia in ambito spirituale che culturale.
Concordo pienamente con te che non si debba restare ancorati alla tradizione in maniera statica, ma dissento sulle modalità spesso adottate nelle liriche contemporanee, quasi una stridente forzatura per dimostrare un’innovazione, che sostanzialmente non esiste, o come parodia di un’ermetismo che non ha più ragion d’essere nella società contemporanea. Un po’ come la favola del re nudo, che tutti osannavano per piaggeria e non per convinzione.
In conclusione, pare che la "bottega dei favori", cui lo scrittore Paulo Coehlo accenna spesso nel suo romanzo "El Zahir, non sia mai passata di moda.
Ti ringrazio per il commento esaustivo e la cortese attenzione. Ti auguro una buona giornata.

 Ferdinando Battaglia - 07/03/2018 03:57:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

No, la poesia non ha necessità né della rima né della metrica, così come il poeta non è solo colui che scrive versi; ridurre la poesia a delle strutture formali codificate, appartiene più ad un uso "politico" della lingua che non alla reale necessità dell’esperienza artistica, che può avvenire nel fruitore (post-produttore) indipendentemente dalle forme scelte, cioè la poesia è prima e dopo ogni struttura formale, strutture che non possono considerarsi degli assoluti, ma delle storicizzazione del medium espressivo ovvero i conflitti tra le varie modalità produttive appartengono all’elemento umano, poiché vi può essere poesia in un testo senza rime né metri, così come non vi può essere poesia (nell’arte il brutto non esiste: un’opera d’arte o è "bella" o non è) in un testo strutturato con rime e metri (ho letto pessimi sonetti, che pure avevano rispettato i canoni compositivi. In aggiunta: la rima davvero riuscita è sempre "invisibile", quando la sua presenza è evidente vuol dire che è mediocre il testo). In conclusione: non vi è un paradigma poetico su cui modellare la produzione di versi: esistono poeti vivi di una lingua viva; altro è il discorso su che cosa sia poesia, su che cosa sia e se esiste l’ispirazione poetica, se vi sono criteri oggettivi con i quali distinguere un’autentica vocazione poetica dalle sue possibili " falsificazioni". In ultimo, non condivido la concezione della poesia solo come voce del mondo interiore ed emotivo e del poeta come unico "eletto" capace di sensibilità e di sguardi profondi sul mondo (la poesia è sempre altro rispetto alle nostre definizioni; la poesia può anche trattare idee, situazioni sociali, politiche, insomma esiste anche una poesia d’impegno e civile che guarda al mondo di fuori; esiste ancora una poesia filosofica o spirituale). Ben venga certo lo studio, la ricerca, la custodia e la riproduzione del classico, ma non pretendiamo che diventi il recinto d’oro per tagliare fuori le altre possibili esistenze della poesia. In fondo, la stessa lingua italiana ha origini volgari, fossimo rimasti al latino, oggi non avremmo ciò che abbiamo avuto con Dante, Petrarca e Leopardi (per citare quelli noti ad un analfabeta culturale quale sono io).
Non è morta la Poesia, però ha cambiato domicilio, anzi si dice in giro che sia diventata una nomade senza legami fissi...


 Franca Colozzo - 02/03/2018 20:14:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

@ Marisa Madonini
Anche se con grande ritardo, chiedo venia, inserisco il tuo commento costruttivo e chiarificatore, tra gli altri già pubblicati.
Grazie e buona serata. Franca Colozzo


[ leggi altri commenti di Marisa Madonini » ]
Interessante excursus sulla poesia classica e moderna e i vari cambiamenti di stile.Infatti seppure la domanda della sig.ra Colozzo sia legittima (è morta la Poesia?) così come le riflessioni che propone riguardo ai cambiamenti di questo genere letterario a seguito degli avvenimenti storico/politici del ’900 oppure dell’avvento del digitale e la necessità di sintesi, tuttavia concordo con lei che la poesia continui ad affacciarsi indenne sul panorama letterario italiano e straniero con l’indispensabile carico di riflessioni, memoria, idee e sorprendente comunicazione di stati d’animo, esperienze di vita, di luoghi ecc.

 Franca Colozzo - 02/03/2018 19:07:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

@Antonio, hai perfettamente ragione, anche se permane in me il chiodo fisso della conoscenza metrica. Hai visto mai in passato un poeta latino che non conoscesse la metrica, peraltro complessa, ma tale da far da discrimine tra testo in prosa o in poesia? Qual è attualmente la demarcazione tra poesia e prosa? Credo di aver risposto in maniera esaustiva con un commento al tuo recente pensiero sull’Ermetismo, scoperto solo oggi (ma quante cose per mancanza di tempo vengono tralasciate!). Ho trovato veramente molto interessante l’argomento con il corollario di commenti dotti, cui ho aggiunto il mio modesto contributo. Sicuramente esistono alcune eccezioni, in antitesi alle mode invalse soprattutto a partire dall’Ermetismo, e sono certa che il tuo modo di poetare ne è un significativo esempio.
Il mio quesito, sintetizzato nel presente saggio, è se occorra conoscere bene la metrica, così come la grammatica per la scrittura, il figurativo per la pittura, il pentagramma per la musica, l’aritmetica per la matematica, ecc. Ovvero, se un poeta possa definirsi tale a prescindere dallo studio della metrica. Probabilmente la risposta è sì, anche al di là della "ratio" di un percorso sistematico dell’apprendimento.
Sottolineo che l’apprendimento pittorico è stato fondamentale anche per i grandi geni, da Michelangelo a Raffaello, da Leonardi a Caravaggio, da Van Gogh a Picasso... Perché questa regola non dovrebbe essere valida anche per la Poesia? Ho esposto parte di queste mie considerazioni in un commento al tuo recente pensiero sull’Ermetismo, che ho trovato molto interessante. Buona serata.

 Antonio Terracciano - 02/03/2018 16:28:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Vorrei concentrarmi su un solo punto, tralasciato, mi pare, da Franca Colozzo nel suo interessantissimo scritto, scoperto in ritardo: la presunta scelta personale degli autori e delle autrici di non volere scrivere in rima e in metrica, pur essendone capaci. Ciò era senz’altro vero per Eugenio Montale, ma è davvero così per tutti / e (come volle sostenere una poetessa di questo sito commentando una delle mie prime pubblicazioni qui) ? Io onestamente affermo che, a vent’anni di età, scrissi un centinaio di poesie in versi liberi (alcune delle quali mi furono anche pubblicate, gratis, su carta) , ma che allora non ero capace di usare metrica e rime (ed ora, più di quarant’anni dopo, mi sono talmente abituato ad esse da non riuscire più a scrivere come allora: è anche un fatto di età e di abitudine! ) Una decina di anni fa (non avevo ancora il computer) feci vedere, ricevendone apprezzamenti, un paio di mie allora nuove poesie a una preparatissima collega di Lettere, la quale mi disse che avevo fatto venire la voglia anche a lei e che, una settimana dopo, mi avrebbe fatto vedere una sua composizione: una settimana, o forse anche un mese dopo, costei, molto onestamente, mi disse che purtroppo non ci sarebbe mai riuscita, perché in metrica e in rima le venivano soltanto pochissimi versi, e non sapeva andare avanti... Voglio citare anche Erri De Luca che, nella prefazione alla sua raccolta poetica "Opera sull’acqua e altre poesie" (ed. Einaudi) , sentì il bisogno di sottolineare: "Per chi scrive storie all’asciutto della prosa, l’azzardo dei versi è mare aperto. Non li ho raggiunti, i versi. Qui ci sono linee che vanno troppo spesso a capo" . Insomma, penso che si debba innanzitutto essere sinceri con se stessi, e inoltre ritengo che, mentre una composizione in metrica (pure senza rime) sia comunque sempre una poesia (anche se bruttina) , la patente poetica a una composizione in versi liberi possa essere data solo dopo accurati esami (per distinguerla da una semplice "prosa in verticale" ... )

 Franca Colozzo - 10/01/2018 11:04:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]


Cara Giulia, grazie per il tuo commento al mio saggio.
Questa mia riflessione è scaturita dalla constatazione che oggi appare quasi disdicevole scrivere in rima, come se fosse una moda obsoleta da ascriversi al passato. Scrivendo anch’io spesso poesie non in rima, sia perché mi risultano più di getto sia perché la metrica sembra un artificio metrico razionalmente applicato a posteriori, mi sono chiesta se fossi o meno sulla corretta strada nel comporre versi.
Un dubbio legittimo, insomma, sul modus operandi e su quanti questa strada, spesso per comodità o per altre motivazioni, tendono a percorrerla per mezzo di una scorciatoia.
Il mio intento - e ci sono in parte riuscita grazie anche ai notevoli contributi, successivi alla pubblicazione del mio sintetico saggio, da parte di Galante e Santoro - era quello di suscitare un serio dibattito tirando in ballo persone più esperte di me. Faccio presente che, a differenza di molti autori con formazione universitaria nel campo delle Lettere, che pubblicano nel sito La Recherche, la mia è una formazione universitaria di stampo tecnico-scientifico (Architettura), con una rilevante componente di studio dell’Arte, da ascriversi principalmente ai diversi concorsi a cattedre da me superati.
Però, ho studiato e continuo a studiare sempre con passione le lingue straniere (per hobby), la letteratura italiana/straniera e la poesia dei grandi poeti del passato fino ai contemporanei, cimentandomi nel componimento metrico già in età adolescenziale. Ma si sa, la passione è una cosa e la capacità a comporre è ben altra cosa!
Molti scrivono, è vero, ma chi li giudica veramente? Il popolo italiano è formato da una miriade di scrittori e da pochissimi lettori, così da essere stata classificata tra i migliori dieci lettori italiani nella seconda fase del concorso "Ioscrittore - 2010" (ma io non credo assolutamente di essere tale, solo perché sono stata capace di revisionare in poco tempo i tanti romanzi degli altri in concorso! Riesco semplicemente a leggere e a sintetizzare in maniera veloce).
Basta cercare di pubblicare qualsiasi genere letterario per capirlo! Una miriade di case sedicenti editrici (EAP o No EAP) per sgraffignare soldi e nient’altro! Non mi fido neanche dei concorsi letterari a pagamento (uno dei pochi seri ed onesti mi sembra quello de La Recherche), che tendono solo a rastrellare soldi. Malauguratamente, si è scoperto un filone d’oro costituito da scrittori, di qualsiasi età ed estrazione sociale, in cerca di gloria! Il dio denaro predomina sulle menti dei truffaldini alla ricerca di polli da spennare. Ho un nutrito elenco di siffatti personaggi e mi astengo dal citarli per motivi di privacy, ma basta leggere i blog per stanarli subito (Writer’s, ecc.). Sono stufa dei millantati crediti e delle corone di alloro con cui fingono di celebrare l’arte o la poesia!
Ad ogni modo, scusate il mio sfogo fuori delle righe, che è stato determinato da molteplici tentativi da parte di soggetti poco credibili di spillarmi quattrini in cambio di effimera gloria, cui per fortuna non ambisco non essendo narcisista. Il mio romanzo inedito resterà tale finché non troverò personaggi attendibili...
Rimanendo sul tema di questa trattazione, sicuramente anche l’uso della tecnologia e dei media sta rivoluzionando il mondo. Non credo, pertanto, che si ritorni spontaneamente a quelle forme metriche del passato quando i mezzi che abbiamo a disposizione, spesso inconsapevolmente usati, rendono il linguaggio più scabro ed essenziale soprattutto nella prosa.
A maggior ragione ne risente la poesia che, in questi tempi difficili, produce spesso note stridenti come uno strumento male accordato.
Spero che a questa discussione, pacata ed aperta a tutti gli apporti, intervengano menti più illuminate della mia per cercare di introdurre elementi chiarificatori in merito. Grazie a tutti i commentatori per i notevoli contributi sul tema trattato.

 Giulia Bellucci - 10/01/2018 09:28:00 [ leggi altri commenti di Giulia Bellucci » ]

Buongiorno Franca. Ho letto il tuo saggio molto attentamente, così come ho fatto coi commenti. Molto interessante tutti, in particolare quello di Arcangelo.
Non credo che io possa aggiungere molto di più, sebbene ci sarebbe tanto da dire ancora ma credo che tocchi a persone più competenti di me...
Ciò che io penso è che la poesia non sia morta poiché se ne continua a scrivere tanta! È vero che la metrica è stata messa da parte. Già Leopardi aveva iniziato ad abbandonarla. Ma da allora molti poeti hanno continuato a farvi riferimento nel comporre le proprie opere. Anche se troppo spesso oggi si sentenzia come sia passato di moda utilizzare le rime o la metrica, (come se si potesse parlare di moda a riguardo di poesia e letteratura, come si fa per tutti gli altri aspetti della vita) credo che quando le nuove mode passeranno, forse si ritornerà a rivalutare tutto. Ma questo solo il tempo può dirlo!
Credo davvero che queste discussioni sono quelle che andrebbero davvero approfondite piuttosto che altre più superflue.
Grazie per gli spunti offerti dal tuo saggio che ho trovato molto interessante.

 Franca Colozzo - 09/01/2018 12:24:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Grazie Arcangelo Galante per il tuo colto commento al mio umile saggio. Ho apprezzato molto la tua dettagliata argomentazione sulla tematica e le tue acute riflessioni che denotano un approfondimento dei temi trattati, cui hai apportato ulteriori chiarimenti e puntualizzazioni.
Il mio voleva essere solo l’invito ad avviare una discussione in merito all’uso o meno della metrica in poesia, come fattore distintivo rispetto alla prosa. Mi sarebbe piaciuto aprire un dibattito serio e pacato sull’argomento.

 Franca Colozzo - 06/01/2018 14:58:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Grazie per la condivisione. Speriamo serva ad aprire una seria discussione sull’argomento. Credo che, soprattutto dopo le due grandi guerre, un sentimento di devastazione e di morte, unitamente ad un linguaggio scabro ed essenziale, sia prevalso in tutti gli ambiti artistici (dalla poesia, all’arte in genere, alla musica).
Successivamente - in seguito all’introduzione del mordi e fuggi del linguaggio informatico e della prevalenza delle immagini (tra cui i selfie) sulle composizioni scritte - si è verificato un rapido cambiamento nelle modalità comunicative tra le persone.
Lo si può constatare ogni giorno: si legge sempre meno e si corre in fretta (verso cosa ancor non si sa, forse il nulla) e non si osservano più le stelle o la faccia delle persone, ma si resta curvi su uno smartphone che propina solo immagini virtuali...
Ci sarà un ritorno al passato, ai sentimenti ed alle emozioni? Speriamo di sì. Ogni epoca ha i suoi corsi e ricorsi vichiani. Facciamo allora sì che le immagini, in grado di catturare l’attenzione del pubblico, diventino lo specchio colto della Poesia!

 Arcangelo Galante - 06/01/2018 14:12:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Copiosi complimenti all’amico Salvatore Armando Santoro, che stimo da lungo tempo, per avere pubblicizzato il testo al quale, anche io, ho dedicato molta attenzione.
Buon fine settimana. :-)

 Franca Colozzo - 06/01/2018 13:37:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Egregio collega di penna Salvatore Armando Santoro,
sono perfettamente d’accordo con te. Trovi il mio saggio sulla mia pag. pers. de La Recherche. Sono mie semplici considerazioni scaturite da una serie di valutazioni sulla metrica, leggendo le tante poesie pubblicate su La Recherche e non solo.
Il popolo italiano, formato da un esercito di scrittori e poeti, è carente però di lettori e di persone in grado di ascoltare gli altri.
Apprezzo molto le tue poesie. Ad maiora semper.

P.S.: incollo qui il link, che trovi su La Recherche, così potrai darmi un giudizio spassionato:
http://www.larecherche.it/testo.asp?Id=616&Tabella=Saggio

 Salvatore Armando Santoro - 06/01/2018 01:38:00 [ leggi altri commenti di Salvatore Armando Santoro » ]

Ho condiviso sulla mia pagina di FB il tuo saggio preceduto da questo breve commento, che ti riproduco per evitare di doverlo riscrivere:
"Suggerisco questo saggio di Franca Colozzo, pubblicato su un portale di poesia, dove sono recentemente approdato, e dove ho trovato (e ritrovato) diversi amici che avevo conosciuto in altri portali e su FB. Il breve saggio lo suggerisco perché lo trovo in sintonia con alcune mie enunciazioni che sostengo da diversi anni e che mi hanno fatto entrare, spesso, troppo spesso direi, in contrasto con altri amici che ripudiano tout court rima e metrica per il semplice fatto, suppongo, che scrivere in versi liberi sia molto più facile dal comporre in rima ed in versi.
Non so se la lettura del saggio possa servire ma non diffonderlo ritengo sia un fatto negativo anche perché i poeti coraggiosi, che riescono a mettersi in discussione affrontando una siffatta tematica in rete, non sono affatto numerosi anzi scarseggiano.
Il discorso sull’haiku meriterebbe una discussione a parte. Nei Bandi Letterali che gestisco la Sezione Haiku l’ho introdotta da qualche anno più per suscitare curiosità piuttosto che per tentare di raccogliere proseliti. L’haiku è una composizione poetica che appartiene ad una cultura differente dalla nostra (quella giappponese ed in Giappone i circoli Haiku sono tantissimi e molto frequentati).
Ho sempre sostenuto che per noi occidentali comporre degli haiku è difficilissimo perché questo tipo di composizione si ispira alla filosofia Tzen e basa le sue fondamenta sulla riflessione e sulla meditazione, concettualità molto estranee al mondo occidentale dove impera, invece, la confusione ed il disordine. Comporre degli haiku decenti, quindi, per noi occidentali è un’arte molto difficile anche perché alla base della costruzioine degli haiku ci sono i suoni e non le sillabe".

 Arcangelo Galante - 28/11/2017 12:25:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Un insieme di utili riflessioni sulla poesia, in cui si vuole decantare la morte della metrica e delle rime, che tanto si adoperavano, nel tempo, per manifestare o, perlomeno, tentare di approfondire la conoscenza dello scibile umano. Parto subito dalla sua definizione. La poesia risulta essere l’espressione metaforica di contenuti umani, in corrispondenza di peculiari schemi ritmici e stilistici, tradizionalmente contrapposta alla prosa; quest’ultima, può essere epica, satirica e scritta in vernacolo. La poesia è un’ode, che esprime la capacità di estrapolare dall’anima ogni sentimento e sensazione, per trasformarla in lirica, portatrice e messaggera di variopinte emozioni da condividere all’unisono, giacché, entusiasmante è vivere insieme ogni cosa, vestirsi di tanti colori e di tanti umori, che a nessuna età appartengono, nell’attimo temporale ove essa plana, per tutti. In quanto forma d’arte, giacché l’etimologia significa “creazione”, per l’appunto, la poesia crea, con la scelta e l’accostamento di parole secondo particolari leggi metriche, le quali, non possono essere ignorate dal poeta; un componimento è fatto di frasi, dette versi, in cui, il significato semantico, si lega al suono musicale dei fonemi. Per tali ragioni, essa, racchiude in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere concetti e stati dell’anima, in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa, in cui le parole non sottostanno alla metrica, come specificato prima. E siccome la lingua, nella lirica, ha una doppia funzione di vettore, ovvero sia di significato e di suono e sia di messaggio informativo ed emotivo, la sintassi e l’ortografia possono subire variazioni, in merito alla stesura di un testo: le cosiddette licenze poetiche. Tali libertà espressive sono funzionali, non soltanto a livello estetico, bensì, adoperate, ai fini della comunicazione, sia individuale, sia generalizzata. A questi due aspetti della poesia si aggiunge un terzo, quello sonoro, potendo interpretarla e recitarla, con il suono della voce. E mai come oggi, tramite la moderna e sofisticata tecnologia, essa viene pubblicizzata con facilità da un autore, anche con l’uso di video registrati. Quindi, la poesia, nel senso più tradizionale possibile, ha delle licenze che invece, la prosa non si può permettere; ad esempio, il corretto uso della punteggiatura. Difatti, il punto, nella poesia non è un orpello ortografico: è solo un modo per creare una pausa, un istante di silenzio che piomba sul lettore, per dargli modo di riprendere fiato, di avere qualche istante per riflettere, prima di immergersi, nuovamente, nella danza dei versi successivi, fino alla chiusa (epilogo) che arriva sapientemente a chiudere il testo. La poesia si verga con il cuore, ma deve essere comunque e sempre impregnata dell’animo di chiunque la scriva. Infatti, l’anima è un po’ privata da orpelli rispetto al cuore e, quindi, talvolta può sembrare che ci sia contraddizione fra versi ed emozioni. La poesia, perciò, diventa sostegno, non tanto per il poeta, quanto per il lettore, che in essa troverà quello che lo rappresenta e gli trasmette. Un’altra riflessione, quella esposta dall’autrice, che nel viaggio dell’interiorità capta il senso di ciò che è poesia per lei e che, pare, non trovi, sempre, in coloro che, artigianalmente, si scorgono artisti. Ed un autentico poeta, che nell’anima possiede “la poesia”, vede il mondo con occhi differenti, in quanto “artista” delle parole, nonchè individuo ipersensibile, capace di percepire l’attorno e l’interiore mondo dello spirito, con una modalità di vibrazione più alta, rispetto a quanti non la portano in “grembo”. Difatti, il poeta, sa osservare il reale, cogliere le sfaccettature poliedriche dell’animo umano, potendo analizzare e comprendere la mente sua e degli altri, captando le variegate sensazioni che perfino, soffrire e star male lo fanno, in virtù di questa sua straordinaria capacità di “sentire” la vita ed il mistero che essa avvolge. Accade persino che la figura del “compositore” lo farà sentire spesso fuori da tutto, come un essere incompreso, che continuamente pensa e si interroga, tranne nell’incontro con anime, a lui, affini. Combinare arte e vita, nell’intento di poter sapere scrivere una poesia, a modesto parere, è un’operazione molto complessa e non sempre è possibile farlo, nel migliore dei modi: bisognerebbe essere talentuosi e rispettosi di quei canoni tradizionali definenti la poesia. Sinceramente, credo sia un argomento interessantissimo, quello pubblicato e letto, così come accettare il cambiamento su di una nuova visione nel tratteggiare, alla lettera e minuziosamente, il ritratto del volto. La questione, penso, rimarrà a lungo aperta, poiché il significato ed il valore insiti in questa “condensazione” del pathos umano, varia con il tempo, da luogo e da espressioni letterarie differenti. In quanto “artisti delle parole”, i creatori letterari sono assai diversi, nel coniugare il passato col futuro, convergendo stile, metrica, ritmo e versi, come un tempo lontano. Però, occorre tenere ben presente che, nell’istante in cui l’arte (in senso lato), s’affaccia alla modernità più avanzata e fa breccia nella vita dell’uomo, col proprio indistinguibile flusso poetico vitale, radicandosi appieno nell’artistica dimensione letteraria e di conseguenza pure socio-culturale, allora si verificherà sempre la magia della creazione poetica: quella che rende la vita un’opera d’arte e dell’arte scritta, uno strumento di vita, emotivamente personalizzata. Al di là dell’opinione, augurandomi di non essere stato frainteso, ho sinceramente condiviso il contenuto della pubblicazione saggistica, introspettiva, realistica ed attuale, per la domanda posta dall’autrice.

 Marisa Madonini - 30/07/2017 22:17:00 [ leggi altri commenti di Marisa Madonini » ]

Interessante excursus sulla poesia classica e moderna e i vari cambiamenti di stile. Infatti seppure la domanda della sig.ra Colozzo sia legittima (è morta la Poesia?) così come le riflessioni che propone riguardo ai cambiamenti di questo genere letterario a seguito degli avvenimenti storico/politici del ’900 oppure dell’avvento del digitale e la necessità di sintesi, tuttavia concordo con lei che la poesia continui ad affacciarsi indenne sul panorama letterario italiano e straniero con l’indispensabile carico di riflessioni, memoria, idee e sorprendente comunicazione di stati d’animo, esperienze di vita, di luoghi ecc.

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